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Fare e leggere poesia oggi.

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Fare e leggere poesia oggi.

Parlare di poesia significa parlare di inadeguatezze e ritardi da colmare, dover dare giustificazioni a un bilancio deficitario.

  La verità è che la poesia occupa un'area marginale e residuale nel panorama delle forme artistiche contemporanee e, al contrario della narrativa, trova una grande difficoltà ad arrivare al pubblico per una serie di motivi .

I dati parlano di una fortissima disparità numerca tra autori praticanti e acquirenti dei loro prodotti: ventimila poeti a caccia di lettori perduti con enormi quantità di libri invenduti e collane di poesia cancellate dalle case editrici.

Gli studiosi di questo fenomeno sostengono che la fame di poesia esiste ancora, ma non è la poesia che intendiamo noi, e che soprattutto le nuove generazioni soddisfano tale esigenza ricorrendo a quell'immediata esperienza del vissuto espressa dalla musica leggera piuttosto che ai materiali “alti” offerti dalla scuola.

Fanno inoltre notare come il mandato sociale del poeta sia irrimediabilmente scaduto e come diversamente dalla poesia antica, che corrispondeva a un tacito incarico civile, quella moderna coincide con l'apoteosi dell'individualismo: chi oggi scrive versi censura l'immagine oggettiva della realtà e privilegia rispetto ai discorsi delle masse un atteggiamento velleitario ed elitario.

Di fronte al ritrarsi della poesia per carenza di comunicazione sarebbe stato il rock degli anni '60 e '70 ad assumersi la responsabilità di quel mandato sociale, documentario e testimoniale che dovrebbe essere ancora il fine primo della letteratura.

Io non so se la poesia abbia realmente abdicato a favore della canzone, ma so che è in grande difficoltà anche se s'intravede un'inversione di tendenza come testimoniano festival, premi letterari, letture pubbliche e diffusione in rete.

 Né l'aiuta il contesto: mancano infatti voci autorevoli di apprezzamento e  affidare al numero di copie vendute la validità di un autore, come avviene per la narrativa, è sicuramente penalizzante per la poesia e per chi la fa.

Per fortuna i  poeti non soffrono in genere di forme di velinismo; sanno che la poesia è un dono, che ha altri compiti, che per la sua diffusione necessita di tempi lunghi e segue percorsi carsici.

Ma soprattutto sanno che essa esige un rapporto reattivo, capace di sottrarre la parola alla mercificazione quotidiana, ed è appunto questo a renderne la lettura così complessa, impegnativa, impegnata, salutare, etica.

Sarà difficile ampliarne il consumo se essa rappresenta la negazione dell'oggetto di consumo.

La poesia costituisce la parte più intima della nostra relazione col mondo: leggerla, farla non ha altro scopo che indagare l'anima; solo che chi la produce lo fa pubblicamente ponendosi come modello, specchio di una condizione esistenziale universale.

A questo continuo cercare e interrogarsi la risposta che ognuno di noi si dà  non può essere uguale per tutti: anime diverse pongono domande diverse.  Anche se poi la poesia ci accomuna tutti con la sua capacità lenitiva, con la sua capacità di assumere su di sé il dolore del mondo ed essere un flebile lume nel buio della condizione umana: e in ciò ha qualcosa di sacro.

Ogni poeta tenta una descrizione e quindi un'interpretazione del labirinto della condizione umana proponendo una via di fuga, un tentativo di evasione. E io sento la mia poesia come voce di questo coro, tessera minuscola di questo monumentale mosaico collettivo.

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